Gli annali della zecca 1867
Data: giovedì 23 marzo 2023

Cari lettori di Numismatica Ranieri nell'articolo odierno andremo a parlarvi degli annali della Zecca 1867 che proseguono la nostra analisi dedicata iniziata con i precedenti 2 articoli su: gli annali 1861 e gli annali del 1866.


Gli annali della zecca 1867

L’annessione del Veneto aveva determinato la necessità di estendere in tutta la regione il circolante monetario nazionale che, valutato in ben 225 milioni di lire, costituì l'incremento del 224,3% rispetto al precedente anno, portando l'intera massa monetaria a 696.552 lire da parte della banca nazionale, Oltre a 107,7 da parte di quella degli altri istituti.

Di ciò il Re aveva già anticipato gli eventi nel discorso della Corona del 15 dicembre 1866: «Il mio governo ha provveduto anticipatamente a quanto occorre per le spese del prossimo anno e nei pagamenti straordinari in ogni maniera. Esso vi richiederà nel 1867 la continuazione dei provvedimenti approvati nel 1866... L'Italia è ora lasciata a se stessa». Intendendo. con quest'ultima frase, l'Italia sciolta dai vincoli del trattato di Plombières del 1858 e dalla sottoscrizione del trattato di pace con l' Austria del 3 ottobre 1866.

Il 25 gennaio un disegno di legge per la emissione di un miliardo di carta moneta per coprire i provvedimenti straordinari. fu respinto il 4 successivo perché la richiesta fu ritenuta pregiudizievole per l'economia nazionale. Ma nel marzo di quello stesso anno gravi questioni finanziarie (liquidazione dell'asse ecclesiale e disavanzo di ben 741 milioni) provocarono lo scioglimento della Camera pur nella consapevolezza di lasciare alle spalle proprio quel ministro delle Finanze che. durante il conflitto, aveva mostrato determinatezza nel prendere il provvedimento sul corso forzoso della cartamoneta. Non per nulla il Boccardo tenne a precisare in un suo scritto: «Chi ha conosciuto il povero Scialoja e lo ha visto piangere nel fatale 1 maggio 1866, chi sapeva quanta fosse la nobiltà di quell'animo e l 'altezza della sua mente, non ha mai potuto dubitare un istante che. se il corso forzato poteva evitarsi a prezzo di qualunque sacrificio che non fosse la rovina della patria, il grande giureconsulto e l'illustre economista non lo decretava per fermo. Ma il corso forzoso era purtroppo divenuto una ineluttabile necessità economica, finanziaria e politica».

La nuova legislatura (22 marzo) portò alla Presidenza del Consiglio (10 aprile) Urbano Rattazzi, con F. Ferrara alle Finanze. che il 9 maggio successivo presentò un 'esposizione finanziaria per conseguire il pareggio del bilancio con la vendita dei beni ecclesiali, ma anche imponendo economie nelle spese militari in tempo di pace, oltre alla revisione delle imposte e tasse.

In pari tempo, il disegno di legge n. 93 presentato il 4 giugno per la soppressione del corso forzoso, rimase inevaso ritenendo che la monetazione metallica divisionaria non avrebbe potuto sostituire, sic et faciliter, quella cartacea già emessa in forti quantità ed ormai bene accolta dalla popolazione e dal commercio.

Mentre ciò accadeva in campo politico e finanziario. I' incremento del circolante monetario fu determinato dalla coniazione dei seguenti tagli con datazione 1867 come da prospetto:

  • Zecca di Torino: L. 20 (oro), L. 1 (argento, serie stemma), cent. 50 (argento, serie valore), cent. 20 (argento , serie valore).
  • Zecca di Milano: L. 1 (argento, serie stemma), cent. 50 (argento, serie valore - emissione completata nel 1868).
  • Zecca di Napoli:Cent. 50 (argento, serie valore).

Il tutto per un ammontare globale diL. 5.526,000 d'oro e di L. 16.530.000 d'argento. Ma poiché i dati ufficiali non corrispondono, a questo punto si fa rilevare un errore persistente relativo all'indicazione di emittenza di solo n. 33.465 esemplari della moneta di L. 1 coniati dalla zecca di Torino (serie stemma). L'emissione è invece di n. 334.650 esemplari, come dai dati ufficiali che riportano l'emittenza globale annua d'argento di L. 16.350.000 (perfettamente corrispondente alle emissioni d'annata); invece, se si considerano i 33.465 esemplari, il totale sarebbe stato inferior di L. 301.000 a quanto ammontano (per arrotondamento) i 301 .190 esemplari dichiarati in meno!

L'errore cui si è sempre incorsi deriva probabilmente da un 'errata trascrizione nella quale è stato omesso l'ultimo zero. In questa stessa annata risultano anche emesse monete di cent. I e 2 per l'ammontare di L. 1.987 .000 contro quello riportato sinora di L. I con una differenza di L. 175.000, corrispondenti a ben 17.500.000 centesimi! E poiché tali coniazioni avvennero nel 1867/68 e dal 1883 al 1892 (dopo il ripristino del corso legale) ho rilevato «il sommerso» negli anni 1868, 1888 e 1892, come sarà meglio esposto nelle rispettive annate, di ben 17.500.000 centesimi!

Per completare le coniazioni con date precedenti, furono emessi:

  • Zecca di Torino: n. 105 esemplari diL. 100 (oro) del 1864, n. 103 esemplari di L. 50 (oro) di pari annata.
 

Evidentemente tali coniazioni non diedero un apporto alla circolazione monetaria che, invece fu sostenuta da emissioni cartacee da parte della B.N.S.S. con «Creazione del 23 maggio 1867».

Per quanto concerne il taglio di L. 2, già disposto dalla Banca Nazionale con«Creazione del 25 luglio 1 866», furono emanati , rispettivamente. in data 26 aprile successivo, il D.M. n. 3654 con il quale furono determinate le «caratteristiche».

In particolare il decreto n. 3654 fissò anche il limite di emittenza in 50 milioni di lire (art. 1), mentre il successivo art. 2 dettò la seguente norma: «Nessuno è obbligato ad accettare in pagamento biglietti di lire due se non per le frazioni di lire cento. La B.N.R.I. cambierà a richiesta i biglietti da lire due in quelli da L. 50 e di valore superiore». Con successivo R.D. n. 3902 del 22 agosto il contingente fu autorizzato per 25 milioni di pezzi (prima tranche).

L'intervento del governo per ridurre la circolazione dei biglietti fiduciari, dei quali vi era evidenziata un 'ondata di speculazioni, fu quella di varare il R.D. n. 3969 in data 17 ottobre, con il quale fu autorizzata l'emissione di monete di bronzo nei tagli di cent. 10, 5, 2 ed 1, nell'ammontare complessivo di 20 milioni di lire, contingente dimezzato dal R.D. n. 3970 di pari data, che sarà ricostituito dal decreto n. 4204 del 30 gennaio 1868 per l'emissione di 10 milioni di lire della moneta di centesimi 10 (il cosiddeto «palancone»), che porterà l'emissione a 15 milioni di lire, cui si aggiungeranno i 5 milioni dei tagli di cent.

5, 2 e l, come già previsto dal citato decreto n. 3969, convertito nella Legge n. 4474 del 7 luglio 1868.

Di conseguenza, le emissioni furono eseguite, in quanto a L. 41.000 nel 1867 e per L. 19.959.000 nel 1868, come segue:

  • Cent. IO x di lire (Torino, Napoli, Birmingham, Strasburgo e Bruxelles);
  • Cent. 5 x 3,5 milioni di lire (Milano e Napoli);
  • Cent. 2 x I milione di lire (Milano e Torino);
  • Cent. I x 500 mila lire (Milano e Torino);

come da prospetto.

Con queste coniazioni terminano le emissioni di monete bronzee sotto il regno di Vittorio Emanuele II. L'effetto del corso forzoso si risentirà sino al1883, allorquando sotto il regno di Umberto I, avverrà per la ripresa della circolazione metallica costituita dalle nuove divisionarie d'argento, nonché da un'abnorme quantità di monete di bronzo (cent. 2 e l) realizzata da riconiazioni con il millesimo 1 867 da parte della sola zecca di Milano (vedasi prospetto), che si protrassero dal 1883 al 1892, regnando Umberto I, nell'ammontare di L. 487.000 e che, in aggiunta a quello effettivamente prodotto nel 67-68 per L. 1.500.000, danno un totale di emittenza di L. 1.987.000, pari a198.700.000 centesimi (dati arrotondati), contro i 181.182.000 centesimi finora noti. Tale differenza «sommersa» è stata rinvenuta in quanto a L. 150.000 nel 1867-68, L. 18.000 nel 1888 ed aL. 7.000 nel 1892, che corrispondono alla mancanza di 17.500.000 di centesimi.

Intanto, per necessità di sostituire il biglietto della B.N.R.I. di L. 5 già ampiamente falsificato, il Consiglio Superiore dell 'Istituto, con Creazione del 30 ottobre 1867, dispose la produzione di dieci milioni di esemplari della nuova tipologia, che saranno emessi con le caratteristiche di cui al D.M. n. 4543 del 4 settembre 1868.

Messina «come stabilimento pubblico avente qualità di Ente morale autonomo», cessando di appartenere all ' Amministrazione delle Finanze per essere posto sotto la sorveglianza dell 'Ufficio di sindacato sulle società commerciali ed istituti di credito presso il Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio.

Alla legge seguì il R.D. n. 4083 del 5 dicembre, che riconobbe il banco «come pubblico stabilimento di credito»: in altri termini il Banco di Sicilia fu riconosciuto «de jure» ente di emittenza di carta apossidaria.

Fra tali accadimenti di natura economica e monetaria, si inserirono vicende politiche che portarono alla caduta del governo. Invero, sin dall'estate del 1867 erano visibili i sintomi di gravi agitazioni politiche conseguenti alla Convenzione del 15 settembre 1866, stante il paventato periodo di una guerra, stavolta con la Francia, allorquando si era saputo dell 'imbarco a Tolone di una spedizione francese per ripresidiare Roma e salvaguardare il Papa: la conseguenza fu la crisi politica dopo la notizia che uno scontro a Mentana fra volontari italiani e regolari francesi aveva provocato gravi perdite all 'Italia. Il 27 ottobre il Presidente del Consiglio Rattazzi si dimise e subentrò il generale Menabrea (alle Finanze Cambray-Digny).

Ultimo provvedimento in campo monetario è il R.D. n. 4123 del 15 dicembre che dispose il ritiro delle monete di conio austriaco nel territorio del Veneto liberato.A fine d'anno la circolazione monetaria poté valutarsi in L. 761.984.000 di cartacea, oltre all'abusiva di L. 1.821.000; si aggiunga la metallica di L. di monete d'oro, nonché di L. 16.530 d'argento e solo di L. 41.000 di bronzo.

In quanto ai due banchi meridionali, interessanti sono le emissioni di Fedi e Polizze:per il Banco di Napoli due ultime produzioni di vecchio tipo nei tagli di L. I e 5 (datati 10 aprile 1867), cui seguirono, dal 1° gennaio al 1° dicembre, emissioni di nuova tipologia nei tagli da L. I a L. 250 (si veda il prospetto).

Per il Banco di Sicilia la Cassa di Palermo riprodussePolizze di L. 2, 3 e 5 in «oro ed argento», nonché fedi di L. 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 (tipologia del 1866) in attesa di nuovi provvedimenti legislativi.

Il rilancio di Garibaldi. A margine del resoconto per l'anno 1867, va pur evidenziata l'attività espletata da Garibaldi, non solo in sede politico-militaresca, ma anche in sede monetaria. Si ricorda che nell'estate di quell'anno corpi di volontari organizzati da Garibaldi si erano avvicinati alla frontiera dello Stato pontificio con l'evidente intenzione di oltrepassarla, mentre truppe francesi affluivano verso Roma per difenderla.

Per certo, l'attività di Garibaldi doveva pur essere finanziata. Poiché i fondi londinesi del 1864 (come vedremo in prosieguo) erano già da tempo esauriti, fu costituito un comitato per il Soccorso a sollievo dei romaniche avessero voluto unirsi a Garibaldi in un moto insurrezionale ed antipapale: si organizzò, quindi, una raccolta di fondi mediante il Centro dell' Emigrazione Roma che, istituito a Firenze, emise in data 30 aprile 1867 dei vaglia patriottici, che non erano altro che una sorta di cartelle-prestito in tagli di L. 5, 25 e 100, firmati da tali A. Bompiani, E. Agnoni e R. Caraffa (i due tagli superiori erano anche controfirmati da Garibaldi). Scopo dell'emissione è tutta contenuta Inuna lunga frase apposta nella parte del rovescio dei vaglia, nel testo seguente:

«Noi intendiamo valerci ad ogni costo del diritto che venne dalla stessa Diplomazia riconosciuto, accettando il principio che Roma appartiene ai Romani.

Mentre noi attendiamo colla energia della disperazione e col senno dei nostri antichi padri ad affrettare il momento della riscossa, sentiamo il dovere di arrecare sollievo alle dolorose condizioni nelle quali la mala signoria del prete mantiene ancora le infelici nostre popolazioni.

Abbiamo dunque risoluto ad unanimità la emissione di vaglia Cinque, Venticinque e Cento Lire italiane, perché ciascuno possa, a seconda delle proprie forze, concorrere a questa opera pietosa…”

Quale e quanta diffusione abbiamo avuto i vaglia non è dato saperlo, ma è per avvalorato che, fallita l'azione dei volontari di occupare Roma, era anche fallita la necessità di reperire denaro «per il soccorso e sollievo dei romani». Poi la situazione precipitò quando, da parte francese, con un telegramma di Stato, si chiese che «il governo del re dia prova della sua volontà sopprimendo gli uffici di arruolamento sciogliendo i comitati di soccorso e diramando un proclama minacciante tutti i volontari di arresto, di disarmo e d'internamento! Parlate con Rattazzi e rispondete immediatamente».

Garibaldi , arrestato il 30 settembre , fu ricondotto a Caprera e subito dopo sconfessato dal Re, con proclama del 27 ottobre: «Italiani, schiere di volontari, eccitati e sedotti dall'opera di un partito, senza autorizzazione mia, né del mio governo, hanno violato le frontiere dello Stato». Ma Garibaldi, dopo una fuga dal suo esilio, raggiunse Firenze e, da piazza Santa Maria Maggiore, arringò il popolo con una frase rimasta nella storia: «Noi avremo Roma e ringrazio il popolo di Firenze. Una flotta straniera è annunziata; non temetela, svanirà al potente soffio popolare». Per Garibaldi era quasi certo un nuovo arresto, ma Rattazzi preferì dimettersi, poi accettò il reincarico lo stesso 27 ottobre.

Ma il 3 novembre Garibaldi attaccò i francesi Mentana rimanendone travolto; il 1 ministro francese Rouher, in un discorso alla Camera, assicurava «Noi dichiariamo che l'Italia non avrà mai Roma...mai”

Era il pur famoso e sinistro «jamais» la storia! Rouher ebbe torto di non credere nella capacità degli Italiani.

Ma, ad onore del vero - secondo Un’ annotazione del Massari (op. cit., pagina 377) – spedizione di Roma, finita con la sconfitta di Mentana, era stata da Garibaldi preparata con la connivenza del Governo, il quale concesse il libero transito sulle ferrovie ai volontari che affluivano alla frontiera pontificia, provvide ai viveri, alle armi e alle munizioni.Sconfessò l'impresa quando vide addensarsi il pericolo di complicazioni straniere. Garibaldi non andava a Roma per distruggere l'autorità spirituale del Papa, che persino la Repubblica Romana, aveva, nel 1849, rispettato».

Invero, già nell'aprile del 1864, Garibaldi si era recato a Londra, dove era stato ricevuto con la banda militare. Precisa il suo biografo Ridley: «Cenò a casa di Palmerston alla Cambridge House di Piccadilly e, con Palermston, ebbe una conversazione privata per un'ora (...) Ebbe anche una conversazione privata col Ministro degli Esteri Lord Russel che, come Palmerston, gli chiese di non dare inizio a una guerra in Europa (…) Una delegazione di italiani residenti a Londra, che erano in realtà mazziniani, gli consegnò una bandiera che recava scritto Roma e Venezia Prima che Garibaldi lasciasse l'Inghilterra i suoi ammiratori aristocratici organizzarono una raccolta di denaro, quale tributo alle sue gesta e sollievo alla sua povertà.

In duca di Sutherland presiedette una riunione a Stafford House per lanciare una sottoscrizione e il denaro piovve. Il duca e (il deputato liberale) Seely diedero 200 sterline ciascuno, e Palmerston cento. I mazziniani pensarono che si trattasse di una mancia a Garibaldi perché se ne andasse, o forse d'una sorta di somma pagata a placare un rimorso. Già il 22 aprile Garibaldi aveva detto al principe di Galles che non avrebbe accettato alcun dono; e il 6 maggio si annunciò che tutto il denaro sarebbe stato restituito ai donatori, dedotte le spese per l'organizzazione (…).

E una vera provocazione -scrisse la signora Chambers (amica di Garibaldi) a Cowen (patriota filo italiano): Manchester (Presidente della Società della Temperanza) aveva promesso 6.000 sterline; io so che avremmo potuto averne 5.000 da Liverpool e così via. «Pensava che Garibaldi avesse perduto l'opportunità di raccogliere 140.000 sterline, che si sarebbero potute usare per comperare armi per la sua prossima campagna». Con la visita di Garibaldi a Londra, Mazzini il 22 marzo aveva scritto a Cowen: «L'ho esortato a venire qui due mesi fa. E venuto in ritardo, ma ora dobbiamo cercare di sfruttarlo al meglio. Non deve trattenersi in Inghilterra oltre il 20 aprile: per quel tempo avremo bisogno di lui, in Italia, e se, possibile, dovrà portarsi appresso dall'Inghilterra 2.000 o 3.000 sterline».

Il 28 aprile Garibaldi partì da Londra alla volta di Caprera.


 

Conclusioni

Sperando che questo articolo dedicato dedicato a scoprire gli annali della zecca 1867 sia stato di vostro interesse, restiamo in attesa delle vostre opinioni.

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Alla prossima con le migliori news relative al mondo della numismatica

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